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Sempre più glifosato nelle acque Italiane - Rapporto ISPRA 2018


E’ il glifosato l’erbicida con il maggior numero di superamenti. 

Nelle acque superficiali, il glifosate, insieme al suo metabolita AMPA, è l’erbicida che presenta il maggior numero di superamenti e sono ricercati in 5 regioni (nel biennio precedente erano monitorati solo in Lombardia).
Nel 2016, infatti, entrambe le sostanze risultano superiori agli standard di qualità ambientale per le acque (SQA) previsti dalla norma rispettivamente nel 24,5% e nel 47,8% dei siti monitorati per le acque superficiali.

FONTE: ISPRA (istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
http://www.isprambiente.gov.it/it/ispra-informa/area-stampa/comunicati-stampa/anno-2018/salgono-a-400-i-pesticidi-ricercati-e-arrivano-a-259-quelli-trovati-nelle-acque-italiane

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Approfondimenti Video da ISPRA TV



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Sostanze tossiche e metalli pesanti nell’acqua in bottiglia di plastica


L’Italia è il secondo paese al mondo per consumo di acqua minerale in bottiglia. 

Nelle case delle famiglie Italiane entrano ogni mese circa 115 bottiglie, vale a dire più di 1.300 bottiglie di plastica ogni anno. Una persona su due beve esclusivamente acqua imbottigliata e dichiara di considerare l’acqua in bottiglia più pura[1] e migliore di gusto rispetto a quella del rubinetto. 

Ma siamo davvero consapevoli della qualità dell’acqua che ingeriamo ogni giorno?

La rivista Le Scienze, nell’ambito dell’Atlante Europeo dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group, ha pubblicato nel 2010 un’indagine sulle acque in bottiglia, facendo analizzare alcune tra le principali marche Europee. Dai risultati emerge che in tutte le acque in bottiglia vi è la presenza di numerose tracce di sostanze tossiche, come arsenico, uranio, bario, mercurio, alluminio, berillio e fluoro. Questi elementi, se assunti per un tempo prolungato, possono causare difficoltà respiratorie, malattie cardiovascolari, danni al sistema nervoso e altri numerosi problemi al nostro organismo. 

Le aziende che imbottigliano acqua minerale non sono obbligate a dover riportare in etichetta i valori di queste sostanze e la legge ammette la presenza di 19 diversi elementi tossici all’interno dell’acqua in bottiglia. Oltre a questo, i limiti di contenuto per queste sostanze risultano essere più alti rispetto a quelli stabiliti per l’acqua del rubinetto e spesso risultano essere inesistenti. Per una sostanza notoriamente dannosa come l’uranio ad esempio, la legge non prevede alcun limite, mentre per il bario, una sostanza radioattiva, ammette una concentrazione massima di 10.000 milligrammi per litro.

Arsenico nell’acqua in bottiglia, tutte le etichette italiane a rischio

Tra le 19 diverse sostanze tossiche presenti all’interno delle acque in bottiglia di plastica vi è anche l’ arsenico. Metalloide da sempre presente nell’ambiente, entra in contatto con l’uomo attraverso l’assunzione di cibo e acqua. Dopo essere stato ingerito, l’arsenico viene completamente assorbito dall’organismo e in seguito distribuito in quasi tutti gli organi.

Negli anni studi scientifici e analisi di laboratorio hanno confermato la pericolosità dell’arsenico e l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro, lo ha classificato come elemento cancerogeno di classe 1, ovvero certo per l’uomo.

Questa sostanza è posta infatti in diretta correlazione con numerose patologie oncologiche, in particolare il tumore al polmone, alla vescica e ai reni. Un consumo di arsenico prolungato nel tempo può facilmente causare patologie cardiovascolari, problemi neurologici, diabete, disturbi respiratori e altre malattie.

L’Unione Europea riconosce l’ elevata tossicità dell’arsenico, imponendo per l’acqua in bottiglie di plastica un limite di contenuto di 10 milligrammi per litro. Se viene superato questo valore di concentrazione, l’acqua non può essere utilizzata in nessun tipo di preparazione alimentare e non può essere consumata da bambini o donne in gravidanza.

Grazie all’indagine pubblicata dalla rivista Le Scienze è stato quindi possibile conoscere i dati sulla composizione delle acque minerali Europee e, nel caso di quelle Italiane, anche sapere i valori relativi all’arsenico.

Secondo quanto emerge, alcune tra le principali acque in bottiglia del nostro Paese, escono dall’indagine con più di un dubbio a loro carico. Su 178 acque prese in esame infatti, tutte contengono tracce di arsenico ed alcune registrano una concentrazione superiore ai 5 milligrammi per litro che, sebbene sia nei limiti di legge, è una quantità potenzialmente molto dannosa secondo gli esperti.

Per farvi un’idea della qualità dell’acqua che mettete ogni giorno sulla vostra tavola, ecco una tabella che riassume alcune tra le principali acque minerali Italiane e i loro relativo valore di arsenico.

Acqua Minerale / Fonte Valore (microgrammi per litro)
Acqua Ferrarelle 6.81
Acqua Lilia 1.9
Acqua Vera 1.41
Acqua Levissima 6.2
Acqua Sant’Anna (Fonte Vinadio) 5.22
Acqua Dolomiti (Esselunga) 0.533
Acqua San Pellegrino 1.38
Acqua San Bernardo 0.489
Acqua Monte Cimone (Coop) 0.098
Acqua Frisia 5.64
Acqua Rocchetta 0.198
Acqua Vitasnella 0.117
Acqua Norda (Sorgente Daggio) 3.73
Acqua Uliveto 0.088
Acqua Lauretana 0.019
Acqua Sveva 2.74
Acqua Lieta (Conad) 0.238
Acqua Sangemini 0.204
Acqua Egeria 8.91
Acqua Alpi Cozie 1.04
Acqua Lete 0.759
Acqua di Nepi 5.71

[ Fonte: http://www.lescienze.it/news/2010/11/26/news/non_solo_arsenico_lo_stato_delle_acque_italiane-553892/ ]

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Osmosi inversa: anche Le Iene dicono che fa bene


Anche il programma Tv Le Iene smentisce le bufale che circolano sui sistemi ad osmosi inversa. Da alcuni anni infatti, viene attribuito ai depuratori d’acqua del rubinetto, il ‘potere’ di demineralizzare totalmente l’acqua, rendendola quindi non potabile.

Le Iene, in un servizio dedicato ai depuratori d’acqua ad osmosi inversa, avevano ripreso due venditori intenti a far vedere, a casa di alcuni complici, le potenzialità del loro depuratore. I rappresentanti hanno preso due bicchieri, uno con dell’acqua del rubinetto e l’altro con dell’acqua depurata, e attraverso una tecnica ingannevole hanno mostrato la totale purezza dell’acqua trattata. Dopo un’analisi di laboratorio però, l’acqua depurata risultava priva sia di sostanze nocive sia di sali minerali e quindi totalmente demineralizzata.

Nei giorni successivi alla messa in onda sono nate diverse polemiche sul web e sui giornali e dopo poco è arrivata la rettifica delle Iene che, attraverso un filmato, confermano l’efficacia dei sistemi di depurazione dell’acqua del rubinetto attraverso l’osmosi inversa. L’osmosi inversa infatti, non elimina le sostanze nutritive e i sali minerali già presenti nell’acqua, ma rende l’acqua solo più leggera. L’acqua trattata con un depuratore ad osmosi inversa è un’acqua oligominerale al pari di quella in bottiglia delle migliori marche: inodore, dal sapore gradevole e priva di batteri.

Sistema di depurazione ad osmosi inversa: sicuro, naturale, efficace

L’osmosi inversa è una tecnica che utilizza le proprietà di una membrana che si lascia attraversare da un solvente come l’acqua, trattenendo dall’altra parte tutti i soluti, cioè le impurità. Durante il processo si è in grado di rimuovere quasi completamente le sostanze organiche ed inorganiche, mantenendo allo stesso tempo la giusta quantità di sali minerali. Attraverso il processo di osmosi inversa è possibile eliminare tra il 95% e il 99% di particelle solide (bario, arsenico, alluminio, uranio, amianto, pesticidi, piombo, nichel, solfati, mercurio, manganese, cloruri, cianuri, nitrati e selenio) e il 99% dei batteri.

L’acqua trattata con osmosi inversa è quindi un’acqua oligominerale, leggera e con un basso residuo fisso, cioè povera di sali minerali.

La totale sicurezza ed efficacia di questo processo, hanno reso l’osmosi inversa una delle tecniche più diffuse per la depurazione dell’acqua. I depuratori ad osmosi inversa, vengono infatti utilizzati ampiamente sia a livello a livello domestico sia a livello industriale, ad esempio negli impianti di desalinizzazione industriale dell’acqua marina oppure negli autolavaggi.

Oltre ad essere un sistema semplice, l’osmosi inversa, non richiede l’aggiunta di nessuna sostanza chimica per la depurazione. Dalle tubazioni al rubinetto di casa, l’acqua viene filtrata per garantire una totale sicurezza e igiene.

L’osmosi inversa si afferma essere il sistema di depurazione più sicuro, naturale e semplice in circolazione e il depuratore domestico, rappresenta per molte persone un valido sistema per rendere salutare, buona e sicura l’acqua della propria casa.

Link al servizio delle Iene: http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/379000/osmosi-inversa-chiariamo-.html


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Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?


I pericoli della Plastica

Negli ultimi 60 anni la plastica ha cambiato le nostre vite, irrompendo nel nostro quotidiano e rivoluzionando i campi più diversi, dalla moda alla tecnologia.

Oggi è impossibile non trovarsi accanto alla plastica: avvolge praticamente tutto e contiene tutto. Tutte le plastiche rilasciano piccole dosi di sostanze tossiche; questo viene regolamentato e di alcune sostanze si conosce anche la dose massima giornaliera tollerabile. Ma, come emerge nell’inchiesta di Report L’età della plastica, quello che la legge non contempla è la somma delle sostanze che a fine giornata una persona assume.

Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?

«Il PET è in grado di trasmettere sostanze nocive all’acqua, componenti genotossici e cancerogeni che possono provocare disturbi al sistema Endocrino..»

Imballaggi di plastica, pratici e altamente nocivi

«Con la plastica vengono confezionati moltissimi alimenti e le pellicole sono rese attraenti da colori vivaci. Questi inchiostri chimici possono migrare dalla plastica agli alimenti..»

Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?

La plastica delle bottiglie è una plastica particolare che si chiama PET (polietilentereftalato). Il PET è una materia plastica leggera, resistente alle alte temperature e facilmente malleabile. Si presenta sotto forma di granuli che vengono prima fusi e poi trasformati in provette. Queste provette vengono successivamente inserite in forni ad una temperatura di oltre 100 gradi, in modo da diventare più malleabili, pronte per essere soffiate e trasformate in bottiglie.

Il passaggio nei forni però - come afferma Silvano Monarca, docente di Igiene generale e applicata all'Università di Perugia - può far rilasciare alcune sostanze. Tra queste sostanze troviamo l’Acetaldeide e la Formaldeide; composti volatili, cancerogeni e genotossici che possono migrare nell’acqua presente nella bottiglia.

Numerosi ricercatori hanno riscontrato la presenza di queste due sostanze all’interno dell’acqua delle bottiglie, riportando valori superiori a quelli tollerati dalla legge. Uno studio pubblicato dalla California's Department of Resources Recycling and Recovery, ha trovato 29 sostanze che dalla bottiglia di plastica possono migrare nell’acqua. Tra queste l’Antimonio e il Benzofenone, possibili cancerogeni e il Fenantrone che è un idrocarburo.

Queste 29 sostanze presenti nell’acqua, aumentano la loro concentrazione di oltre 9 volte se la temperatura viene alzata da 20 a 30 gradi, e quasi 4 volte se l’acqua viene mantenuta nella bottiglie per oltre 3 mesi.

Viene quindi naturale chiedersi cosa succede quando le bottiglie d’acqua vengono trasportate dai camion, dove le temperature raggiungono oltre 50 gradi, quando vengono lasciate in macchina al sole per tutto il giorno oppure quando vengono stoccate nei depositi dei supermercati per mesi interi.

Le sostanze tossiche che dalla bottiglia di plastica possono migrare nell’acqua hanno dei limiti ben precisi e le aziende hanno l’obbligo di analizzare la migrazione di queste sostanze attraverso delle analisi di laboratorio periodiche. Come mostrato dal servizio di Report, i test vengono effettuati a campione e le analisi vengono effettuate da 1 a 3 volte l’anno.

Per legge il limite delle sostanze chimiche e tossiche che dalla bottiglia possono migrare nell’acqua è di 60 milligrammi per litro. Il Professor Monarca però, mette in dubbio il test consigliato dall’Europa per analizzare queste sostanze. Il test indicato dalla legge infatti, si conclude con l’evaporazione dell’acqua, ma a 100 gradi tutti i composti volatili e semivolatili si disperdono e quindi gli elementi non possono essere pesati.

Monarca ha analizzato un campione dello stesso lotto utilizzando il test Europeo e il test della Liofilizzazione, che non prevede l’evaporazione dell’acqua. Con il test Europeo sono stati rinvenuti 16 milligrammi di sostanze per litro, mentre il nuovo test della Liofilizzazione ha riscontrato un valore di 121 milligrammi litro, cioè il doppio del valore consentito dalla legge.

Imballaggi di plastica, pratici e altamente nocivi

Con la plastica vengono confezionati moltissimi alimenti: merendine, insalate, salumi e formaggi. Le pellicole sono trasparenti, lucide, opache e rese attraenti da colori vivaci. 

Ma possono questi inchiostri migrare dalla plastica agli alimenti?

Secondo Marco Trevisan - direttore dell'Istituto di Chimica agraria dell'Università Cattolica di Piacenza - queste sostanze colorate, utilizzate principalmente per motivi di marketing, possono in caso di contatto con gli alimenti rilasciare alcune sostanze.

La conoscenza di questi coloranti è scarsa così come la regolamentazione, poiché non essendo a contatto con gli alimenti non è obbligatorio indicarne la composizione.

Tutti i colori utilizzati sono di natura chimica e a base solvente. Per evitare che gli inchiostri entrino in contatto con gli alimenti, il film appena stampato viene unito ad un’altra pellicola, incollando le 2 superfici con una colla contenente Acetato di Etile. Se gli elementi che compongono la colla non dovessero essere miscelati in modo adeguato, potrebbero produrre ammine aromatiche, sostanze notoriamente cancerogene.

Chi lavora da molti anni nel settore degli imballaggi alimentari, denuncia diversi buchi nel processo di controllo. Le analisi vengono effettuate poco e male; molte aziende non hanno le strumentazioni necessarie e l’alternativa è quella di rivolgersi ai laboratori accreditati a fronte di una spesa molto elevata, che scoraggia la maggior parte delle aziende ad effettuare le analisi con più frequenza.

La soluzione secondo chi lavora nel settore, è quella di svolgere controlli più frequenti, analizzando un campione per ogni lotto prodotto. Questo ad oggi sembra essere un’utopia, infatti le aziende, rispettando ciò che la normativa indica, effettuano due o tre controlli all’anno su migliaia di tonnellate di prodotto.

Fonte: Report, L'età della plastica, inchiesta a cura di Claudia Di Pasquale

inchiesta report sulla plastica

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Acqua in bottiglia sotto esame: 5 miti da sfatare


Chi consuma acqua in bottiglie di plastica è spesso convinto che l’acqua al suo interno sia più buona e più sicura rispetto a quella del rubinetto. 

Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno tuttavia smentito questa convinzione, confermando un elevato rischio di contaminazione dell’acqua presente nelle bottiglie di plastica.

L’acqua viene principalmente confezionata in bottiglie realizzate con una plastica resistente alle alte temperature e facilmente malleabile chiamata PET (polietilene tereftalato).

Questa speciale plastica, se esposta a fonti di calore o a sbalzi di temperatura, è in grado di trasmettere sostanze nocive all’acqua. Tra le sostanze riscontrate ci sono i Ftalati, l’Antimonio e l’Acetaldeide, componenti genotossici e cancerogeni che possono provocare disturbi di diverso natura, come ad esempio quelli al sistema endocrino.

Anche dal punto di vista della sicurezza l’acqua di casa risulta essere più sicura, poiché - come afferma Stefano De Capitani, presidente Amag - «è sottoposta anorme più rigide e a controlli più restrittivi rispetto all’acqua minerale imbottigliata: per esempio, non può contenere più di 10 microgrammi per litro di arsenico mentre le acque minerali che ne contengono 40-50 microgrammi non hanno nemmeno l’obbligo di indicarlo in etichetta».

Il 61,5% degli Italiani acquista e consuma acqua in bottiglia di plastica, ma questa tendenza risulta essere frutto di paure infondate, spesso dettate da una scarsa informazione.
Ecco 5 miti da sfatare sull’acqua in bottiglia di plastica.

1) L’acqua in bottiglia è pura di fonte, l’acqua del rubinetto è trattata

FALSO. Sono numerose le pubblicità che mostrano la purezza dell’acqua in bottiglia; ma non sempre questa viene imbottigliata alla fonte e spesso, per separare alcuni composti come ferro, manganese, zolfo e arsenico, può essere trattata con diverse sostanze.

2) L’acqua in bottiglia è più controllata rispetto all’acqua di casa

FALSO. La legge prevede che l’acqua in bottiglia venga controllata una volta all’anno, attraverso analisi effettuate dalle aziende stesse. L’acqua del rubinetto è invece sottoposta ad analisi periodiche più restrittive e risulta essere quattro volte più controllata rispetto a quella che compriamo al supermercato.

3) L’acqua in bottiglia non contiene cloro ed è quindi più salutare

FALSO. La presenza di tracce di cloronell’acqua del rubinetto risulta essere invece un vantaggio: queste infatti impediscono la diffusione di elementi dannosi per la nostra salute come le infezioni batteriche, che invece possono nascere nell’acqua in bottiglia.

4) Tutte le bottiglie di plastica sono riciclabili

FALSO. Non tutte le bottiglie di plastica sono riciclabili e in Italia solo una minima parte della plastica viene recuperata (il 14%). Le bottiglie di PET sono poi altamente inquinanti nei processi di produzione: per realizzare circa 1.750 bottiglie di plastica da 1,5 litri, è necessario 1 barile di petrolio.

5) Il prezzo dell’acqua in bottiglia non è elevato

FALSO. Il nostro Paese vanta il primato Europeo per il consumo pro-capite di acqua in bottiglia. Alla spesa ordinaria dell’acqua del rubinetto, una famiglia aggiunge in media 12€ al mese per l’acquisto di acqua minerale in bottiglia. 


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