Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?


I pericoli della Plastica

Negli ultimi 60 anni la plastica ha cambiato le nostre vite, irrompendo nel nostro quotidiano e rivoluzionando i campi più diversi, dalla moda alla tecnologia.

Oggi è impossibile non trovarsi accanto alla plastica: avvolge praticamente tutto e contiene tutto. Tutte le plastiche rilasciano piccole dosi di sostanze tossiche; questo viene regolamentato e di alcune sostanze si conosce anche la dose massima giornaliera tollerabile. Ma, come emerge nell’inchiesta di Report L’età della plastica, quello che la legge non contempla è la somma delle sostanze che a fine giornata una persona assume.

Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?

«Il PET è in grado di trasmettere sostanze nocive all’acqua, componenti genotossici e cancerogeni che possono provocare disturbi al sistema Endocrino..»

Imballaggi di plastica, pratici e altamente nocivi

«Con la plastica vengono confezionati moltissimi alimenti e le pellicole sono rese attraenti da colori vivaci. Questi inchiostri chimici possono migrare dalla plastica agli alimenti..»

Acqua in bottiglie di plastica: è davvero sicura?

La plastica delle bottiglie è una plastica particolare che si chiama PET (polietilentereftalato). Il PET è una materia plastica leggera, resistente alle alte temperature e facilmente malleabile. Si presenta sotto forma di granuli che vengono prima fusi e poi trasformati in provette. Queste provette vengono successivamente inserite in forni ad una temperatura di oltre 100 gradi, in modo da diventare più malleabili, pronte per essere soffiate e trasformate in bottiglie.

Il passaggio nei forni però - come afferma Silvano Monarca, docente di Igiene generale e applicata all'Università di Perugia - può far rilasciare alcune sostanze. Tra queste sostanze troviamo l’Acetaldeide e la Formaldeide; composti volatili, cancerogeni e genotossici che possono migrare nell’acqua presente nella bottiglia.

Numerosi ricercatori hanno riscontrato la presenza di queste due sostanze all’interno dell’acqua delle bottiglie, riportando valori superiori a quelli tollerati dalla legge. Uno studio pubblicato dalla California's Department of Resources Recycling and Recovery, ha trovato 29 sostanze che dalla bottiglia di plastica possono migrare nell’acqua. Tra queste l’Antimonio e il Benzofenone, possibili cancerogeni e il Fenantrone che è un idrocarburo.

Queste 29 sostanze presenti nell’acqua, aumentano la loro concentrazione di oltre 9 volte se la temperatura viene alzata da 20 a 30 gradi, e quasi 4 volte se l’acqua viene mantenuta nella bottiglie per oltre 3 mesi.

Viene quindi naturale chiedersi cosa succede quando le bottiglie d’acqua vengono trasportate dai camion, dove le temperature raggiungono oltre 50 gradi, quando vengono lasciate in macchina al sole per tutto il giorno oppure quando vengono stoccate nei depositi dei supermercati per mesi interi.

Le sostanze tossiche che dalla bottiglia di plastica possono migrare nell’acqua hanno dei limiti ben precisi e le aziende hanno l’obbligo di analizzare la migrazione di queste sostanze attraverso delle analisi di laboratorio periodiche. Come mostrato dal servizio di Report, i test vengono effettuati a campione e le analisi vengono effettuate da 1 a 3 volte l’anno.

Per legge il limite delle sostanze chimiche e tossiche che dalla bottiglia possono migrare nell’acqua è di 60 milligrammi per litro. Il Professor Monarca però, mette in dubbio il test consigliato dall’Europa per analizzare queste sostanze. Il test indicato dalla legge infatti, si conclude con l’evaporazione dell’acqua, ma a 100 gradi tutti i composti volatili e semivolatili si disperdono e quindi gli elementi non possono essere pesati.

Monarca ha analizzato un campione dello stesso lotto utilizzando il test Europeo e il test della Liofilizzazione, che non prevede l’evaporazione dell’acqua. Con il test Europeo sono stati rinvenuti 16 milligrammi di sostanze per litro, mentre il nuovo test della Liofilizzazione ha riscontrato un valore di 121 milligrammi litro, cioè il doppio del valore consentito dalla legge.

Imballaggi di plastica, pratici e altamente nocivi

Con la plastica vengono confezionati moltissimi alimenti: merendine, insalate, salumi e formaggi. Le pellicole sono trasparenti, lucide, opache e rese attraenti da colori vivaci. 

Ma possono questi inchiostri migrare dalla plastica agli alimenti?

Secondo Marco Trevisan - direttore dell'Istituto di Chimica agraria dell'Università Cattolica di Piacenza - queste sostanze colorate, utilizzate principalmente per motivi di marketing, possono in caso di contatto con gli alimenti rilasciare alcune sostanze.

La conoscenza di questi coloranti è scarsa così come la regolamentazione, poiché non essendo a contatto con gli alimenti non è obbligatorio indicarne la composizione.

Tutti i colori utilizzati sono di natura chimica e a base solvente. Per evitare che gli inchiostri entrino in contatto con gli alimenti, il film appena stampato viene unito ad un’altra pellicola, incollando le 2 superfici con una colla contenente Acetato di Etile. Se gli elementi che compongono la colla non dovessero essere miscelati in modo adeguato, potrebbero produrre ammine aromatiche, sostanze notoriamente cancerogene.

Chi lavora da molti anni nel settore degli imballaggi alimentari, denuncia diversi buchi nel processo di controllo. Le analisi vengono effettuate poco e male; molte aziende non hanno le strumentazioni necessarie e l’alternativa è quella di rivolgersi ai laboratori accreditati a fronte di una spesa molto elevata, che scoraggia la maggior parte delle aziende ad effettuare le analisi con più frequenza.

La soluzione secondo chi lavora nel settore, è quella di svolgere controlli più frequenti, analizzando un campione per ogni lotto prodotto. Questo ad oggi sembra essere un’utopia, infatti le aziende, rispettando ciò che la normativa indica, effettuano due o tre controlli all’anno su migliaia di tonnellate di prodotto.

Fonte: Report, L'età della plastica, inchiesta a cura di Claudia Di Pasquale

inchiesta report sulla plastica

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